UÈ! che Podcast – Cosa fa l’Unione europea contro l’emergenza climatica?
In questo episodio di “UÈ! che Podcast” parliamo di emergenza climatica. Un tema cruciale di cui ormai si discute a tutti i livelli istituzionali: mondiali, europei, nazionali.
In Italia è appena nato un ministero per la transizione ecologica che, nel breve periodo, dovrà occuparsi di come spendere una buona parte dei fondi del programma Next Generation Eu. Questo nuovo strumento consentirà, anche e soprattutto attraverso politiche attente all’ambiente, di uscire dalla crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando. Di questo, del significato di Green Deal europeo, di patto europeo per il clima e delle proposte ambientali che Bruxelles ha presentato per i prossimi dieci anni parliamo con Raffaele Mauro Petriccione, direttore generale del dipartimento di azione per il clima. Con anche qualche piccola curiosità, tra letture e smart working.
Il dipartimento di azione per il clima monitora costantemente gli equilibri climatici del nostro continente, proponendo soluzioni che hanno l’obiettivo di contribuire a fermare il riscaldamento globale e monitorando la realizzazione delle politiche ambientali da parte dei paesi europei. Quando si parla di clima ed Europa, spesso si citano due grandi contenitori: il Green Deal europeo e il patto europeo per il clima.
Raffaele Petriccione ci aiuta a capire, in concreto, come si traducono in Italia e negli altri Paesi.
Il Green Deal europeo è un insieme di proposte politiche e di legislazione per i prossimi dieci anni: l’obiettivo a lungo termine è quello di fermare il contributo dell’Europa al cambiamento climatico al più tardi nel 2050. Ma, pur nella prospettiva a trent’anni, è necessario, nella pratica, lavorare a medio termine. Ecco perché è importante capire come mettersi in traiettoria nei prossimi dieci anni e questo è il compito del Green Deal, che fornisce una sorta di mappa delle strade da percorrere, di cui parliamo nel dettaglio: dalla protezione delle foreste, all’agricoltura sostenibile, dalle energie rinnovabili ai certificati di emissione puntando al superamento di un modello industriale basato sui combustibili fossili nell’ottica di un abbassamento delle emissioni di CO2. Il patto europeo per il clima è invece una piattaforma in cui tutti coloro che sono interessati a fare qualcosa contro il cambiamento climatico possono inserirsi: cittadini, individui, scuole, imprese, associazioni. Chiunque può partecipare attivamente e ciò che cerca di fare questo strumento è raccogliere una serie di azioni frammentate mettendole a sistema.
In questa cornice è importante anche parlare di azione collettiva e responsabilità collettiva: perché nell’equilibrio tra ciò che “chiede l’Europa” e la sua applicazione, ci sono le azioni dei singoli paesi europei dove spesso si generano confronti animati se non addirittura conflitti.
Proviamo a spiegare, con alcuni esempi, qual è il rapporto tra la legislazione europea e il ruolo dei singoli paesi. Ad esempio, in una classifica ideale, a che punto è l’Italia rispetto agli altri? Vedremo che su alcuni focus, come le energie rinnovabili, ad esempio, siamo tutt’altro che il fanalino di coda. Certo è che, spiega Petriccione, l’emergenza climatica è un fattore globale, quindi ragionare solo sull’Italia non è corretto: l’obiettivo è collettivo, così come collettiva è la soluzione. Che consiste in un modello economico che sia più efficace, più equo e meno impattante. Ne parliamo nel dettaglio, raccontando anche gli equilibri con il resto del mondo.
Altro tema attualissimo, infine, è il rapporto tra cambiamento climatico e nuove tecnologie. I cosiddetti nativi digitali sono molto sensibili ai temi ambientali. Ma spesso ci si chiede come le due cose si possano conciliare: le tecnologie aiutano o no? Tra i data center energivori e le reti intelligenti indispensabili al funzionamento di alcuni meccanismi “puliti” chi la spunta? La risposta, anche qui, non è scontata.
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