L’Ue gela il governo: crescita economica rivista al ribasso
La Ue rivede leggermente al ribasso le stime di crescita dell’Italia: 0,8% nel 2015, 1,4% nel 2016, 1,3% nel 2017. A novembre stimava 0,9%, 1,5% e 1,4%. “Dopo essere cresciuta moderatamente nel 2015, l’economia italiana guadagna slancio nel 2016 e 2017 col rafforzarsi della domanda interna”, scrive Bruxelles, secondo cui “la caduta dei prezzi del petrolio e una posizione di bilancio espansiva sosterranno la domanda e compenseranno il rallentamento degli export” registrato nella seconda metà del 2015.
Le previsioni arrivano in un momento di accesa dialettica tra Bruxelles e Roma, con il governo che attende ancora il parere definitivo della Commissione sulla legge di Stabilità per il 2016, che domanda di arrivare al 2,4% di rapporto tra deficit e Pil, un livello raggiunto dopo gli attentati di Parigi con il lancio del programma sicurezza-cultura da parte del premier, Matteo Renzi. Sul tavolo c’è la trattativa perché Bruxelles accetti quel livello, che è ben superiore rispetto agli obiettivi originari dati all’Italia nell’ambito del Patto di stabilità e crescita. Con l’avvento della presidenza Juncker, la Ue ha (in parte) cambiato rotta dando spazio alla famosa ‘flessibilità’, che altro non è se non la possibilità di correggere il bilancio (quindi tagliare le spese) meno del previsto, in presenza di eventi straordinari. Questi, per l’Italia, sono l’attuazione delle riforme strutturali, il coinvestimento con la Ue in progetti per lo sviluppo e – da ultima – la gestione del flusso dei migranti. In tutto, si parla di circa 16 miliardi di richieste di flessibilità, o maggior deficit.
Sull’ultimo punto, in particolare, si è acceso il dibattito. L’Italia chiede di prendere uno spazio di deficit pari allo 0,2% del Pil, sostenendo di aver speso poco più di 3 miliardi per gestire i rifugiati. Lo fa anche in forza della decisione Ue di scomputare dal conteggio del deficit i contributi chiesti ai Paesi membri per sostenere la Turchia e le sue misure per le migrazioni: valgono 3 miliardi in tutto e per l’Italia il conto – dopo l’accordo di ieri – è sceso da 281 a 224 milioni. Se i 3 miliardi di flessibilità verranno concessi, si saprà solo a primavera, quando la Ue valuterà i costi per i migranti nel suo complesso e darà il giudizio definitivo sulla manovra. In ballo c’è molto del futuro programma di Renzi. Se per quest’anno si potrebbe profilare una correzione dei conti tutto sommato contenuta, l’anno prossimo si rischia di avere nuovamente a che fare con i moloch delle clausole di salvaguardia e di una stretta alle spese ben più consistente. Il programma originario, infatti, prevede una discesa del deficit fino all’1,1% del Pil, mentre i possibili aumenti di Iva e accise pronti a scattare pesano ancora una quindicina di miliardi.
Info: http://www.affaritaliani.it/economia/economia-italiana-drammatica-notizia-405101.html